La fine della protostoria calabrese si avvia con le prime colonizzazioni elleniche fra l'VIII ed il VII secolo a.C. Sono i Calcidesi a fondare con Reggio (Reghion) la prima colonia. Seguono gli Achei che fondano Sibari, Crotone e Locri. Il secolo successivo ridisegna una nuova realtà sociale, economica e culturale che lascerà il segno nella futura storia dei calabresi e della loro terra. In una prima fase è Sibari che acquisisce la supremazia commerciale e quindi anche economica e militare. Lo sviluppo greco giunge all'apice alla guida di uomini quali Pitagora, Milone, Ibico, Zaleuco ed è proprio l'arrivo di Pitagora da Samo a Crotone a segnare la fine della supremazia sibarita. Egli fa della sua nuova dimora una città diversa, introducendo regole di comportamento ed indirizzi culturali che formano una nuova classe dirigente in grado di battere anche sul piano militare Sibari che viene distrutta nel 510 a.C. Ad un periodo di grande floridezza, seguì anche per Crotone la decadenza con la cacciata degli aristocratici e dei pitagorici. La stella nascente magno-greca diviene Locri (Epizephyri), la città in cui Zaleuco imposta nuove forme di vita sociale. Locri e Gerace, ancora oggi, restano la testimonianza d'una civiltà che dal Sud dell'Italia è salita in tutta Europa. Protettori potenti di Locri furono i tiranni di Siracusa che per affermare la loro forza distruggono Reggio tagliando fuori lo Jonio dai traffici marini. Avviene intanto qualcosa di nuovo, si espandono a nord i Bruzi che assediano e conquistano il perimetro cosentino, opponendosi con i loro costumi arcaici a quelli di derivazione Greca. Da qui ha inizio l'epoca romana. I Bruzi, alleati di Pirro, vengono sconfitti dai Romani nel 275 a.C. e, successivamente, sbaragliati, come alleati di Annibale, nelle guerre puniche. Roma è vittoriosa e dilaga a partire dalle montagne della Sila che subiscono il primo grave depauperamento ambientale attraverso il taglio di grandi estensioni di bosco.
L'età romana segna un periodo di stasi nello sviluppo sociale ed economico della Calabria. I fulgori della Magna Grecia sono ormai lontanissimi, quando iniziano le prime invasioni dei barbari. Goti e Visigoti saccheggiano le città e le campagne. E' l'epoca di Cassiodoro, monaco di Squillace, divenuto ministro di Teodorico, che fondò l'attivissima scuola di cultura "Vivarium". Durante il periodo Bizantino la Calabria subisce una divisione territoriale. I Longobardi, infatti, si impadroniscono di Cosenza, vengono perseguitati i monaci basiliani, si aggregano per tradizioni e cultura le comunità Greco-Cattoliche ed il latifondo è ora sotto il controllo della Chiesa. Dalla costa iniziano le incursioni Saracene ed i centri abitati si spostano all'interno. Baluardo delle forze bizantine in Italia ed estremo fortilizio dell'occidente contro i Mori, la Calabria rifiorisce così economicamente, ma ancora più spiritualmente. Sant'Elia, San Bartolomeo da Simeri, San Nilo, fondano, instancabili, decine di monasteri, spingendosi fino a Grottaferrata, alle porte di Roma; edificano cappelle e chiese; istruiscono centinaia di monaci loro seguaci all'arte della trascrizione dei codici. La Calabria diviene, così, un immenso laboratorio nel quale si studia, si cataloga e si conserva tutta la grande cultura dell'antichità. Si accumula e si crea così, in meno di un secolo, un patrimonio culturale ed artistico di immenso valore, solo in minima parte rimasto in Calabria. I codici più belli ed importanti, sopravvissuti a terremoti, saccheggi ed al naufragio di una nave che nel 1810 ne trasportava una gran parte a Napoli, si trovano oggi sparsi per l'Europa: alcuni alla biblioteca nazionale di Vienna, altri a quella Ambrosiana ed in Vaticano, altri ancora all' Escorial, a Madrid. Tuttavia, per uno strano destino della sorte, il più bello fra tutti i codici tramandatoci dall'antichità, il famoso "Codex Purpureus Rossanensis" è approdato per un puro miracolo dalla Siria a Rossano e qui il codice purpureo si può ammirare, dopo il rinvenimento avvenuto a metà del secolo scorso. Al dominio Bizantino succede quello Normanno che alimenta speranze di riunificazione del territorio sotto l'influenza del monachesimo (Giacchino da Fiore - Abbazia di San Giovanni in Fiore - e Brunone da Caulonia - Certosa di Serra San Bruno). Nel periodo Svevo viene rivalutato il ruolo dell'antica Hipponion (oggi Vibo Valentia) che divenne importante via di comunicazione per i commerci sul Tirreno. Ma il feudalesimo ritorna trionfante con l'avvento di Angioni, Aragonesi e Spagnoli. Si susseguono le lotte dinastiche, si registrano le prime rivolte e repressioni, si assiste al massacro dei Valdesi. Contro gli spagnoli si schierano uomini di pensiero come Tommaso Campanella che, nel 1559 capeggia una rivolta, per la quale subisce la durissima condanna a 27 anni di carcere. Ma le idee di Bernardino Telesio e di Tommaso Campanella hanno poca influenza sulla Calabria di quel tempo. Con i Borboni inizia un nuovo interesse per la Calabria, ma la carestia del 1764 ed il terremoto del 1783 danno un durissimo colpo alla società ed alla debole economia regionale. Quel che si può affermare, comunque, del periodo borbonico è che esso fu il primo vero tentativo di mettere a frutto le grandi risorse della Calabria, a partire da quelle interne costituite da una oculata forestazione ed utilizzazione del legname. Fabbriche d'armi vengono costruite a Mongiana ed a Ferdinandea (Catanzaro) mentre a Villa San Giovanni e Cannitello si realizzano le prime filande per la tessitura. La fine del settecento e l'epoca risorgimentale vedono la cultura calabrese in primo piano. Molti partecipano alla Repubblica partenopea del 1799 ed è ferocissima la restaurazione del Cardinale Ruffo, borbonico di ferro. Murat è impiccato a Pizzo Calabro mentre i calabresi partecipano massicciamente alle società clandestine per l'unità d'Italia. La Carboneria è molto attiva. Cosenza è teatro dei moti del 1837 e del 1844 in cui vengono catturati e fuciati i fratelli Bandiera. Nel 1860 la Calabria liberale è tutta con Garibaldi accarezzando, con l'unità d'Italia, speranze di cambiamento. Si apre però una nuova piaga: il brigantaggio ed è alle porte anche la prima guerra mondiale cui la Calabria darà un enorme contributo di sangue e distruzione.
Quanto segue a questa breve sintesi è storia recente ed evitiamo di riprenderla. Invitiamo coloro che volessero approfondire l'argomento ad utilizzare altri indirizzi Internet recensiti in questo stesso sito nella sezione "Calabrian Links" o di avvalersi dell'autorevole letteratura esistente, in gran parte prodotta, sotto l'alto patrocinio della Regione Calabria, da importanti editori calabresi quali "Abramo Edizioni" e "Laruffa Editore" che ringraziamo.